Il presidente della Regione Gianni Chiodi, interrogato dal giudice, ha sostenuto che
“onestà, trasparenza, rigore e legalità sono da sempre le
parole chiave del mio operato”, precisando che “non c’é
motivo di sospettare un mio coinvolgimento nell’inchiesta
giudiziaria, in questi giorni sono stato semplicemente ascoltato
e non interrogato come è stato scritto come persona informata
sui fatti, chiamato a dare il mio contributo alla fase di
indagine, non sono, quindi, né indagato né imputato”.
“Ho fiducia nell’operato della magistratura – ha aggiunto
Chiodi – che ritengo stia facendo un buon lavoro portando avanti
le indagini con professionalità ed equilibrio al fine di
arrivare in tempi brevi all’accertamento della verità. Il vero
problema resta un ‘tritacarne mediatico’ inaccettabile. I
giornalisti sono tenuti ad una verifica attenta della notizia
prima della sua diffusione, al rispetto della verità
sostanziale dei fatti e, pertanto, la libertà di informazione e
di critica non giustifica questo stillicidio che mina la
dignità e l’immagine dell’uomo e del politico”.
La esigenza di ascoltare Chiodi è sorta in relazione alle
intercettazioni telefoniche inviate all’Aquila dalla procura di
Firenze relative all’inchiesta sui Grandi eventi e sul G8 della
Maddalena che ha portato tra gli altri all’arresto del
presidente del Consiglio superiore dei Lavori Pubblici, Angelo
Balducci, e dell’imprenditore Diego Anenome e al coinvolgimento
del capo della protezione civile, Guido Bertolaso. In
particolare, Chiodi è stato intercettato mentre parla con
l’imprenditore Riccardo Fusi, presidente dimissionario della
Btp, azienda di costruzioni di rilievo nazionale, dal telefono
del coordinatore nazionale, Denis Verdini.
Il colloquio termina con una promessa di incontro che secondo
Chiodi non è mai avvenuto. Fusi e Verdini sono indagati dalla
procura distrettuale antimafia dell’Aquila, insieme
all’imprenditore aquilano Ettore Barattelli, presidente del
consorzio Federico II, del quale fanno parte la stessa Btp e le
altre due imprese aquilane Vittorini Emidio e Marinelli-Equizi.
Proprio intorno al Federico II, peraltro in corso di
scioglimento, nato dopo il terremoto per aggiudicarsi appalti
nella ricostruzione, ruota l’inchiesta: i magistrati sospettano
che gli imprenditori abbiano preso o cercato di prendere appalti
attraverso l’intercessione di amicizie politiche importanti.
(ANSA).