“ Sono affascinato dal rigorismo religioso, dai riti, dalle leggi da seguire, da una religione che ti da uno stile di vita ben definito. Credo che, come nel caso degli Amish, hai un manuale di leggi a cui attenerti, sai che la salvezza è sicura. Tuttavia resto perplesso quando questo rigorismo diventa fanatismo ed ipocrisia, rischiando di diventare un po’ ottuso, dal momento che ogni prova che ci viene posta davanti la si ricollega all’obiettivo da raggiungere, dimenticando i rapporti umani di condivisione”.
Il motivo portante del libro è …e del fatto che per udire il loro verso bisogna essergli davvero vicini…puoi svelarci qualcosa di più sul ruolo che metaforicamente ricoprono questi mansueti animali domestici nel testo?
“Ho voluto riprendere uno stralcio di quotidianità sulla carineria di questi animali e stravolgerlo per cercare di far vedere come anche da un qualcosa che può sembrare bella o tenera, si nasconde un lato oscuro e pericoloso. Il coniglio qui è chiaramente una metafora ed è simbolo dell’ incombere di un cambiamento negativo, cha avanza piano ogni giorno di più”.
Interessante è anche lo spunto riflessivo che dai scorrendo le pagine, nel corso della malattia di Sammy e del suo diventare sempre più intollerante nei confronti delle regole della sua comunità di appartenenza…credi che il rifiuto delle tradizioni imposte dalla religione sia un tema comune ai giovani d’oggi? E soprattutto certe norme dovrebbero essere riviste?
“ Le religioni sono talmente antiche che vanno rispettate, qualunque caratteristica abbiano. I giovani vogliono delle risposte e il doverle cercare li mette in crisi. Tuttavia personalmente guardo le religioni anche con occhio critico e non condivido affatto il fanatismo e l’ipocrisia, che vengono a galla quando un rigorismo religioso viene portato agli eccessi”.
Nel testo incombe un tema universale, cioè quello della morte, ma soprattutto di come il trapasso viene vissuto ed accompagnato dal così detto “conforto religioso”. Come viene vissuto tutto questo dal protagonista?
“Il protagonista naturalmente non accetta questa sua condizione. Era tornato da poco dal periodo di Rumspringa , che per i giovani Amish rappresenta l’uscire dalla loro comunità per un periodo di tempo, e scoprire il mondo con tutti i suoi aspetti di libertà. Al termine di questo periodo devono scegliere se vivere in totale libertà o rientrare nella comunità di appartenenza ed accettarne i rigori. Solitamente l’80% di loro non fa ritorno alla vita da Amish, ma, così facendo, dice addio alla propria famiglia e ad ogni contatto con la vita passata. Samuel, tornato dal Rumspringa , decide di restare nella comunità e proprio in quel momento scopre di essere gravemente malato. Inizialmente, fiducioso nel fatto di aver condotto finora una vita irreprensibile e sicuro di aver rispettato il cammino di salvezza verso Dio, non accetta il fatto di dover morire a soli 16 anni. La sua famiglia, così come il pastore, l’intera comunità ed, in seguito, anche l’amico Goethe, accettano la malattia del ragazzo inquadrandola come una scorciatoia verso la salvezza divina per le loro anime. Un qualcosa che si ricongiunge all’espiazione. Così Sammy, circondato dall’ipocrisia generale, non riesce più ad avvicinarsi alla religione, credendo di essere stato abbandonato dal suo Dio, che nonostante il suo sacrificio ed il rifiuto di ogni cura moderna che avrebbe potuto portarlo alla salvezza, lo ha condannato ad una morte lenta e terribilmente dolorosa”.
- Domanda banale ma doverosa: nella mente contorta e senza pace di Samuel Nietzche quanto c’è dell’autore? Il caos interiore di uno scrittore aiuta nella stesura di un libro, lo rende di maggior impatto?
“Non c’è nulla di me. Inoltre credo che uno scrittore non debba mai identificarsi con il protagonista. Non si può usare la letteratura come terapia. Se si sta male interiormente si va dallo psicologo. Tuttavia ho cercato di immedesimarmi in Sammy e nel suo viaggio verso la morte, soprattutto nella descrizione dei sintomi della malattia e nella sofferenza che causano”.
- La morte, come tale espressione di impotenza, può annientare ogni valore, anche quello dell’amicizia in questo caso?
“La malattia e la morte fanno paura. Jacob Goethe si comporta nel libro come avrebbe fatto chiunque nella realtà. Non è sopportabile vedere morire un amico giorno dopo giorno, vederlo soffrire, abbruttito dalla malattia e totalmente inabile nei movimenti. Il suo atteggiamento non è da condannare, semmai sarebbe da lodare il contrario. Goethe è il personaggio che preferisco. Credo sia il più vero. Lui è la mina vagante, magari è come sarei anche io nella sua situazione”.
- Cosa ti aspetti da questo libro e dall’idea che si farà il lettore?
“In primis voglio che sia il lettore a darsi le ragioni che portano alla morte il protagonista. E spero comunque possa trovare nel libro spunti di riflessione, riesca anche un po’ ad immedesimarsi. Il tema è pesante perché, in fondo, stiamo parlando di un ragazzo di 16 anni che lentamente, pagina dopo pagina, si avvicina alla morte, e così ho cercato, in alcune parti, di rendere la vicenda più leggera con l’uso di battute”.