Sono stati gli avvocati difensori Ambrogi Aldo e Mariano Cataldo, entrambi del foro di Teramo, a dimostrare con i fatti l’innocenza del giornalista Marco Calvarese per il quale anche il Pubblico Ministero dott.ssa Monica Speca ha chiesto l’assoluzione “perché il fatto non costituisce reato”.
Un procedimento protrattosi negli anni ed iniziato nel 2008 con una querela nella quale l’arch. Vaccarini aveva interessato, oltre al giornalista Calvarese autore degli articoli, anche un consigliere comunale di Giulianova, il Dott. Vincenzo Santuomo, che prima della sua morte prematura aveva appoggiato le teorie scritte sui sarcofaghi monumentali e sulla ristrutturazione del lungomare giuliese, portandoli anche all’attenzione del Consiglio comunale di cui faceva parte.
“Da una disamina delle frasi incriminate si ritiene che non vi siano affatto gli estremi della diffamazione paventata poiché il giornalista non ha affatto trasmodato il diritto di cronaca e di critica e soprattutto non ha offeso la reputazione dell’architetto”, queste le parole del Giudice dott. Massimo Biscardi che, parlando degli aumenti di costo da 20mila a 50mila euro per la realizzazione dei sarcofaghi nel Cimitero comunale di Giulianova, sottolinea come questo sia “un dato reale” e “considerare la lievitazione un aumento esagerato appare una opinione rispettabile”, aggiungendo anche che “l’unico soggetto che astrattamente potrebbe dirsi diffamato poteva essere l’amministrazione comunale che aveva stanziato i soldi per l’opera per poi aggiungere altri lavori da effettuare facendo in tal modo lievitare i costi”.
L’analisi del Giudice dott. Massimo Biscardi si sofferma anche sulle contestate frasi inerenti gli “oblò di vetro” della pavimentazione del lungomare Zara “sempre pieni di condensa”, affermando che “trattasi di fatto che lo stesso esponente afferma essere vero”.
A questo punto è giusto forse fare una riflessione che ci viene offerta dall’Associazione Nazionale Stampa Online che, nel novembre 2012, ha chiesto maggiori tutele per i giornalisti nei confronti delle querele per diffamazione a mezzo stampa, questo attraverso una legge che renda sistematica la penalizzazione economica di chi presenta querele e richieste di risarcimento non suffragate poi dai fatti.
“chi difende il querelato a fronte di un’ingiusta querela, quando quest’ultima viene fatta a fini intimidatori? La querela facile mette sotto scacco il giornalista che deve riflettere due volte – chi non pensa alle sanzioni esorbitanti e al rischio della galera – prima di scrivere ciò che ha scoperto, o semplicemente nel fare il suo mestiere di cronista.
ANSO ritiene corretta una soluzione che veda inserito nel disegno di legge un emendamento per sanzionare – con la stessa cifra richiesta da chi ha sporto querela – anche colui che usa la querela come strumento di minaccia o di ricatto. D’altronde, se il motivo della querela non sussiste, sembra giusto che il querelante paghi le spese processuali e si faccia carico dei danni arrecati al giornalista querelato ma dichiarato innocente: anche lui ha subito un torto, ha speso tempo e soldi per difendersi da un’accusa inesistente, ha subito pressioni psicologiche non indifferenti.
Nessuno nega che il reato di diffamazione debba essere punito, ma sarebbe a nostro parere opportuno prevedere un deterrente, affinché la querela non sia sistematicamente utilizzata come arma di ricatto”.