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TERAMO – 93 è il numero di femminicidi che si sono succeduti nell’arco degli ultimi 9 mesi.
Una cifra agghiacciante, a maggior ragione se pensiamo che sia solo un numero parziale, che non conteggia stupri e violenze.
Un bollettino di guerra che ci dà la sensazione della sistematica oppressione sotto cui viviamo, acuita ancora di più da una politica emergenziale e dai suoi continui proclami testosteronici.
Una politica che, al solito, antepone metodi securitari di repressione, puntando tutto sulla castrazione chimica come unica soluzione o su pacchetti securitari come quello di Caivano, piuttosto che in interventi strutturati nel tempo.
Come se l’unica risposta possibile sia vietare, punire, criminalizzare il più possibile fino addirittura a incarcerare ɜ preadolescentɜ.
Uno Stato che fa la voce grossa e sceglie una via muscolare, atto di inutile e pura propaganda che alimenta la stessa spirale di violenza che ci uccide e ci seppelisce ogni giorno nelle case e nelle strade.
Nessuna proposta che riguardi l’introduzione di un piano di educazione sessuale nelle scuole. Nessun finanziamento dei centri antiviolenza o dei consultori. Nessuna politica che incrementi il reddito di autodeterminazione per le donne e per tutte quelle soggettività che ne necessitano.
Nel frattempo, chi è al Governo si serve delle violenze come mezzo di controllo delle donne e di chiunque è posto ai margini. Non si ha assolutamente a cuore i notri spazi, la nostra autonomia e la nostra possibilità di sfuggire alla violenza.
La complicità di chi è al governo risulta ancora più evidente se guardiamo alla revoca, da parte della Regione Lazio, della convenzione con l’associazione di Lucha y Siesta, di fatto tentando di cancellare 15 anni di lotta alla violenza di genere.
La casa creata per mano stessa delle donne, di soggetività trans e queer, uno spazio di cura per donne vittime di violenza, uno dei pochi spazi che, insieme ai collettivi transfemministi, combatte il patriarcato tutti i giorni, in prima linea.
E sul nostro territorio? Non va per nulla meglio.
Il quadro che ci si staglia di fronte è desolante: abbiamo un centro antiviolenza gestito dalla Provincia di Teramo, totalmente svuotato della sua natura politica femminista.
Un CAV che spesso non si è mostrato capace, come del resto ci hanno segnalato in molt3, di offrire un servizio accessibile, accogliente, preparato, né tanto meno percorsi di fuoriuscita dalla violenza che mettano al centro la crescita e l’autodeterminazione della donna.
Il suo unico orientamento sembra essere quello di un ufficio di collocamento per funzionari3 scaldapoltrone.
Meritiamo di Più. Vogliamo di più!
Per questo abbiamo deciso di incontrarci per ragionare intorno alla domada “Com’è il Cav che vogliamo?” insieme a: Diana di Lollo, formatrice del Centro donna L.I.S.A. di Roma, On the Road Società Cooperativa Sociale di San Benedetto del Tronto, Fuori Genere l’Aquila, e il Centro Antiviolenza – Associazione Donatella Tellini de L’Aquila.
L’appuntamento è per venerdì 3 novembre, alle ore 18, nello spazio di Casa del Popolo Teramo, in via Nazario Sauro, 52.–
Collettivo MalelingueTeramo