di Eden Cibej
Non è un caso che la saggezza popolare ci ricordi che “quando si chiude una porta, poi si apre un portone”: nel momento più buio del calcio giuliese, si è accesa una luce sulla quale si può contare ad occhi chiusi; perché è stata accesa da persone mosse da una vita di passione sincera per il calcio. Berardo D’Antonio e Francesco Giorgini non sono imprenditori –
che entrano nel calcio per fare “impresa” – vogliono ripartire da zero, nell’evidente consapevolezza che il calcio attuale non deve puntare sul denaro, ma sulla passione e sulla costruzione graduale della prospettiva confidando sulla fertilità del vivaio locale e sulle possibilità di crescita, anche economica, parallelamente agli entusiasmi che il nuovo calcio giallorosso può suscitare. Non si può più partire con i debiti destinati a moltiplicarsi in proporzione ad aspirazioni dimentiche della modesta dimensione territoriale ed economica della città: negli ultimi anni la squadra ha sofferto sia in C/1 che in C/2, disamorando nutrite schiere di appassionati e desertificando il Fadini.
Così come nel primo dopoguerra si ripartì dalla “Freccia d’Oro”, oggi è necessario riaffidarsi a chi ha la passione nel cuore e la concretezza delle possibilità oggettive: ottima quindi l’idea di ricominciare con “Città di Giulianova 1924”. Non si vede altra soluzione seria, non speculativa, al di fuori dell’iniziativa di due appassionati sinceri come D’Antonio e il generosissimo Francesco Giorgini: non avranno problemi di stadio, di passivi da ripianare, di imprenditori che vengano a Giulianova non certo per arricchirla, né di professionisti che misurano l’entusiasmo con l’entità dello stipendio. E’ una iniziativa che non presuppone il fallimento come soluzione finale di uno stato di eterna crisi. Di questi esempi ce ne sono tanti in giro, basta guardarsi intorno.
Almeno come presenza simbolica, ci piacerebbe tanto vedere nel gruppo l’impareggiabile Pierino Stacchiotti.